CARNEVALE DI VENEZIA: STORIA, CURIOSITA’ E IL MAKE UP DELLE DAME
Maschere veneziane
Le maschere del Carnevale di Venezia potevano essere indossate solo nel periodo carnevalesco ed erano vietate nei luoghi sacri.
Le prime botteghe artigiane costruivano maschere in porcellana, in cuoio o in vetro.
Oggi si costruiscono principalmente di cartapesta dipinte a mano, ornate di piume, Swarovski e passamanerie: delle vere opere d’arte!
Le maschere della tradizione veneziana sono: la bauta, la moretta, il medico della peste e la gnaga delle quali parleremo poc’anzi.
Inoltre fanno parte delle maschere veneziane anche quelle classiche della Commedia dell’Arte da tutti conosciute: Arlecchino, Pantalone, Colombina, etc.
Bauta
Maschera prettamente maschile, ma anche indossata dal sesso femminile, è un vero e proprio costume.
Un manto nero, detto “tabarro”, un tricorno sempre nero e un velo intorno al capo, sono gli accessori che costituiscono il travestimento.
La maschera che nasconde il volto è la cosiddetta “larva” (dal altino “fantasma”), bianca di forma particolare che permette di mangiare e bere senza rimuoverla dal volto. Una particolarità: lo spazio per il naso è molto ristretto tanto da “mascherare” anche la voce.
Moretta
Maschera femminile, ovale, in genere in velluto nero, indossata dalle dame quando si recavano a far visita alle monache. Non presenta apertura per la bocca e viene retta dai denti tramite un bottoncino posto all’interno.
Per tale motivo viene chiamata “maschera muta” o “servetta muta”.
Il nome Moretta deriva da “moro” che significa “nero” in veneziano.
Accessoriata di veli, velette e cappellini a falde, dona eleganza e mistero al sesso femminile, ma oggi è poco utilizzata per la scarsa praticità. Si preferiscono maschere ovali più decorate simili a quella dell’immagine.
Un esempio di Moretta é rappresentata nel dipinto di Felice Boscarati “Donna con la moretta” custodito presso la Fondazione Zeri – Università di Bologna.
Medico della peste
L’origine di questa maschera risale all’abbigliamento che i medici indossavano come protezione nei periodi di pestilenza. Venezia, come riporta la storiografia, fu colpita dalla peste numerosissime volte.
La maschera che copre il viso è a forma di becco in cui s’inserivano spezie ed erbe pungenti per coprire l’odore dei malati.
Bianca, con due occhi di vetro e due fori nasali, è molto coreografica. Un soprabito nero che copre le caviglie, guanti bianchi cerati e un bastone, completano il mascheramento.
Nelle calli, ad ogni carnevale, imperversano questi “medici” dall’aspetto inquietante.
Gnaga
Questa maschera era indossata da uomini travestiti da donna. La gnaga aiutò gli omosessuali a vivere in tranquillità, poiché se avessero vissuto allo scoperto sarebbero andati incontro all’impiccagione in Piazza S. Marco.
Infatti a Venezia nessuna persona mascherata poteva essere arrestata.
Per questo motivo gli “Gnagas”, con voce acuta simile al miagolio di un gatto, potevano insultare liberamente i passanti con commenti osceni.
Il termine “gnao o gnau” significa miagolio: ecco da dove deriva il nome gnaga.
Il volto è coperto in parte da una maschera raffigurante una gatta e include un abbigliamento femminile, a volte completato da un cestino al braccio contenente un gattino.
L’atteggiamento è tipico della donna plebea con voce stridula e volgare.
La Dama Veneziana
Volete scoprire il make-up e gli accessori tipici della dama veneziana?
Continuate a leggere nella prossima pagina!