GIORNATA INTERNAZIONALE DELL’INFERMIERE
La Giornata Internazionale dell’Infermiere fu istituita nel 1965, dal Consiglio internazionale degli Infermieri, anche se già anni prima, nel 1953 Dorothy Sutherland, l’ufficiale del Dipartimento della Salute, Educazione e Benessere degli Stati Uniti d’America, aveva già proposto la proclamazione della “Giornata dell’Infermiere“, purtroppo senza successo.
La data fu scelta poi nel 1974, prendendo come riferimento il 12 Maggio, anniversario della nascita di Florence Nightingale, fondatrice dell’Assistenza Infermieristica Moderna.
L’assistenza infermieristica è un’arte; e se deve essere realizzata come un’arte, richiede una devozione totale e una dura preparazione, come per qualunque opera di pittore o scultore, con la differenza che non si ha a che fare con una tela o un gelido marmo, ma con il corpo umano il tempio dello spirito di Dio. È una delle Belle Arti. Anzi, la più bella delle Arti Belle.
(Florence Nightingale)
Giornata internazionale dell’infermiere
Ogni anno, il 12 Maggio, gli infermieri portano nelle piazze italiane la propria professionalità e la propria esperienza, mettendole al servizio del cittadino.
Cosa succede nella giornata internazionale dell’infermiere?
La prevenzione, l’informazione e la partecipazione sono le protagoniste indiscusse della Giornata Internazionale dell’Infermiere.
I cittadini, all’interno dei gazebo della salute, potranno assistere a vari corsi, come quello di primo intervento, condotti da istruttori qualificati e, allo stesso modo, potranno usufruire di opuscoli, brochure, depliant su uno stile di vita corretto, sulla prevenzione sanitaria, sugli approfondimenti delle patologie più diffuse, etc..
Intervista all’infermiera Martina Scalone
In occasione della Giornata Internazionale dell’Infermiere, vi proponiamo il parere di una delle protagoniste di questo mondo, l’infermiera Martina Scalone che, con le sue risposte, ci farà vivere più da vicino cosa vuol dire essere un infermiere.
1) Quando hai deciso di dedicare la tua vita al prossimo e perché?
Nella vita non si decide di dedicarsi agli altri, si nasce dediti a farlo. Sono stata sempre abbastanza generosa col prossimo in generale. Piuttosto, credo che il donarsi agli altri sia insito nell’essere umano, soltanto che, in alcuni soggetti, è più spiccato rispetto ad altri.
2) Cosa vuol dire per te fare l’infermiera?
Io non faccio l’infermiera! Io sono infermiera! Fa parte della mia vita, è parte integrante della mia giornata e del mio stile di vita.
Essere infermiera significa dedicare la propria vita all’altro, molte volte senza neanche ricevere ringraziamenti di alcun tipo. È aiutare, coinvolgere e sostituire un bisogno del paziente che non riesce a soddisfare. È un lavoro di squadra, per uno scopo comune: il benessere del singolo individuo.
Significa abbandonare tutto, staccare la spina per quelle ore in cui ti trovi in ospedale, su un’ambulanza o per strada e focalizzarti sul problem solving.
È la mia vita! Mi ha salvata innumerevoli volte, anche da me stessa.
3) Pensi anche tu, come molti tuoi colleghi, che alla figura dell’infermiere non venga data la giusta importanza?
Ad oggi posso affermare che non si conosce esattamente il ruolo dell’infermiere. Non ricerco l’importanza, ma vorrei tanto si capisca, un giorno, cosa fa l’infermiere. Ci scambiano, spesso, per camerieri, ma non immaginano minimamente le responsabilità e il duro lavoro che ci sta dietro quella divisa.
4) Quale è il rapporto che si viene a creare tra infermieri e pazienti?
Il rapporto con il paziente è fondamentalmente “umano”. Basti pensare quanto è fastidioso sentirsi chiamare per numero e non per nome. Dovrebbe essere un rapporto di fiducia, cosa che sta andando perdendosi, dati tutti i casi di malasanità che vengono denunciati.
Confido nel fatto che bisogna fare la differenza. Io ci metto sempre qualcosa di mio, ci metto sempre una battuta ed un sorriso in più, nella speranza di strapparne uno dall’altra parte.
5) Cosa consiglieresti ai pazienti e ai parenti di questi per poter instaurare un buon rapporto con un infermiere?
Il paziente ed i parenti dovrebbero, soltanto, avere un po’ di fiducia in più. Dovrebbero affidarsi alle cure, facendo presenti i loro disturbi ed esprimendo i loro bisogni, contestualmente al luogo ed alle priorità che vengono stabilite dai professionisti infermieri.
6) Quali sono gli aspetti dolorosi di questo mestiere e quali quelli gioiosi?
L’aspetto doloroso è la sofferenza del paziente. Siamo esseri umani anche noi, a certe scene non ti abitui mai. Neanche dopo anni di esperienza.
La parte gioiosa è il sorriso di un paziente, è sentire che quello che hai fatto per lui è servito a qualcosa.
7) Come riesci a gestire le tue “giornate no” in relazione al mestiere che fai?
Quando arrivo a lavoro mi estraneo totalmente. Metto il cellulare silenzioso e chiudo i contatti con il mondo esterno. Stacco completamente la vita privata da quella lavorativa, non si può trasferire negatività ai pazienti, dovrebbe essere per tutti così.
8) Qual è stata l’esperienza che più ti ha segnato da quando fai l’infermiera?
Sicuramente quando un mio paziente di terapia intensiva è guarito totalmente dal cancro, nonostante una degenza lunga 2 mesi e continuata in reparto per altri 2. Mi sono sentita felice e utile al prossimo.
9) Qual è il rapporto che si instaura tra voi e i medici coi quali lavorate, fianco a fianco, ogni giorno?
Con i medici ho sempre avuto un ottimo rapporto, ho sempre avuto modo di confrontarmi in maniera costruttiva e, tante volte, anche con una risata. Passiamo tante ore assieme, soprattutto nel turno di notte. Sarebbe pesante per la cura del paziente non riuscire a raggiungere una certa armonia e sintonia.
10) Ti sei mai pentita di aver scelto di fare questo lavoro?
Non mi pentirò mai del mio lavoro! È la cosa che mi fa stare meglio in assoluto. Ormai fa parte dei miei giorni e spero di avere sempre questo spirito e di non dovermi ricredere.
Quando penso a tutti i pazienti e ai loro cari che ho curato nel corso degli anni, so che la maggior parte di loro non si ricorda di me né io di loro. Ma so che ho dato una piccola parte di me a ciascuno di loro e loro a me e questi frammenti costituiscono un bellissimo arazzo nella mia mente.
(Donna Wilk Cardillo)
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